Pagina Iniz. 2024 Marzo LE MANI DI GESÙ DA VIVO, DA MORTO E DA RISORTO

LE MANI DI GESÙ DA VIVO, DA MORTO E DA RISORTO

LE MANI DI GESÙ DA VIVO, DA MORTO E DA RISORTO

Le mani di Gesù! Mani che toccano e benedicono; mani che accarezzano, che scaldano e accompagnano come in un abbraccio amicale percorsi felici e tristi di molte persone incontrate sul proprio cammino. Per lo più persone comuni e anonime; gente provata dalla vita o dalla cattiveria umana. Nell’uno come nell’altro caso, le mani di Gesù sono sempre pronte a benedire, a guarire e rialzare. E le mani di molta gente messe addosso a Gesù per carpire qualcosa da Lui! Nei confronti delle persone che incontra per lo più casualmente e spesso devastate dal male, emerge una grande e commovente umanità fatta di attenzione e di vicinanza, di discrezione e insieme calore.

Una presenza mai scontata e in pari tempo mai inutile. Come quella volta che una povera donna gli toccò il mantello sperando di guarire attraverso un gesto rubato e quasi al limite della magia. Verso questa donna frastornata Gesù si lascia toccare senza sgridarla o umiliarla (Lc 8,43-48). Anche con la donna vedova che sta andando al sepolcro a seppellire il figlio avviene una cosa analoga. Addirittura, Gesù con lei è di una delicatezza mirabile. Si informa su chi sia quel defunto, fa fermare la bara, e “mosso a compassione” si avvicina a quella donna sfatta dal dolore e con parole semplici ed essenziali la consola dicendogli: “Non piangere!”. E con gesto pacato “tocca la bara” e restituisce quel figlio alla donna (Lc 7,11-15) .

In epoche evidentemente non sospette, Gesù usa attenzione anche verso i bambini, portati a Lui dai loro genitori proprio “perché li accarezzasse”. E l’evangelista aggiunge che Egli “abbracciandoli li benediceva imponendo su loro le mani” (Mc 10,13-16). Anche nei confronti di una adolescente morta, Gesù senza troppe remore va a casa sua, lascia fuori la gente per una questione di discrezione e, solo con i genitori e due discepoli, si avvicina alla ragazza morta e, come un cavaliere al ballo del debutto in società, “la prese per la mano” e la sollevò con una parola d’incoraggiamento: “Io ti dico: alzati!” (Mc 5,41) .

All’Apostolo Tommaso poi, Gesù fa fare addirittura una esperienza davvero un po’ osé quando, otto giorni dopo la Pasqua, davanti a tutti gli altri apostoli gli dice senza mezzi termini: “Metti qui il tuo dito” e ancor di più: “Tocca il mio costato!” (Gv 20,27). E che dire di quello che il Maestro compie di fronte a malati infettivi come i lebbrosi? Gesù, contravvenendo alle sapienti regole sanitarie e alle codificate norme mosaiche, entra in contatto con questa forma di malattia contagiosa senza quasi alcun problema. Dice l’evangelista che Gesù, noncurante delle conseguenze e delle possibili dicerie: “Mosso a compassione stese la mano, lo toccò e gli disse: Guarisci!” (Mc 1,40-41). Anche di fronte alla suocera di Pietro, donna anziana nella cui casa Gesù è ospite, il Maestro con fare signorile e insieme delicato come si conviene a una donna anziana e malata “la fece alzare prendendola per mano e la febbre la lasciò” (Mc 1,31) .

Gesti forse normali, ma che non sono tali soprattutto se si pensa che Gesù mette le sue mani anche là dove è un po’ sconveniente come la lingua e le orecchie di una persona. Sempre Marco ci dice infatti che Gesù di fronte a un sordomuto: “Gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua” (Mc 7,33) .

Questi quotidiani, semplici e intensi gesti sono i segni concreti della presenza e vicinanza del Padre che, attraverso la cura e la premura di Gesù, vuole continuare a rimanere in contatto quasi fisico con questa nostra umanità. Una solidale vicinanza che conduce fino alle mani forate dai chiodi della crocifissione. Le mani di Gesù sono trapassate, sono “bucate” e così dicono una volontà di non trattenere nulla per sé ma di donare tutto agli altri. Pensate: lo si dice, popolarmente, anche di una persona che sperpera tutto, che dà via tutto: “ha le mani bucate”, appunto! Le mani crocifisse di Gesù, le sue mani bucate, sono un ulteriore segno della sua generosità che non trattiene proprio niente della sua vita divina e la partecipa a tutti. E quando le sue mani non possono fare più niente, si mette nelle mani del Padre (Lc 23, 46). Finalmente Gesù trova mani che lo raccolgono. Sono le mani del Padre, mani più forti di ogni violenza, che strapperanno la vita di Gesù dalle fauci della morte. Cristo risorgerà: gli uomini saranno ancora amati perché più forte della morte è l’amore di Cristo!

Con la sua resurrezione, invece che scappar via da questo mondo pazzo, Gesù ancor più fortemente rimane e “si lega mani e piedi” a noi! Come con i due discepoli di Emmaus (Lc 24) ai quali scalda il cuore mentre parla con loro e con le sue mani di risorto in incognito benedice e spezza il pane, permettendo loro di riconoscerlo attraverso un gesto altamente evocativo, garanzia di una presenza perenne. Solo apparentemente Gesù frena l’entusiasmo di Maria Maddalena che vistolo risorto gli trattiene con le mani (abbraccia) i piedi: “non mi trattenere perché non sono ancora salito al Padre mio, ma va dai miei fratelli…” (Gv 20,16-17). L’urgenza della missione esalta il bisogno di comunione con Dio (salire al Padre). Neanche l’Ascensione al cielo è un’esperienza di distacco, perché egli con le mani alzate (Lc 24,50) benedice i suoi amici e garantisce la certezza di essere sempre con loro (Mt 28,20), anzi operando in prima persona attraverso loro (Mc 16,20).

Le mani del risorto che addirittura cucinano e offrono del pesce arrostito ai discepoli ancora sorpresi, attoniti e increduli a vederlo vivo dopo la sua morte (Gv 21, 9-12) . Le mani, alla fine, diventano alito, soffio, il soffio dello Spirito (Gv 20,22; At 1,7. 2,2). I sacerdoti, infatti, per invocare lo Spirito stendono appunto le mani. Lo Spirito che abilita i discepoli di ogni tempo – e quindi anche noi – a vivere la stessa vita di Gesù nella continua ed attuale testimonianza di quel desiderio del Padre di essere, anche fisicamente, con i suoi figli; non è forse anche questo che intendiamo dire quando professiamo la nostra fede, nella luce della risurrezione di Gesù, dicendo: credo nella risurrezione della “carne”?

Auguri di una Santa Pasqua don Maurizio e tutti i sacerdoti della Comunità

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