Pagina Iniz. 2024 Febbraio IL RITORNO DI PIETRO IN PALESTINA

IL RITORNO DI PIETRO IN PALESTINA

IL RITORNO DI PIETRO IN PALESTINA

Sono passate alcune settimane e ormai quasi due mesi, ma mi sentirei in colpa e irriconoscente se non facessi memoria e aiutassi tutti voi a ricordare un avvenimento unico, storico, commovente e straordinario per quei tempi, benché siano passati sessant’anni esatti: la visita di papa Paolo VI in Terra Santa. Era la prima volta di un papa dopo 262 papi, era la prima volta del ritorno di “Pietro” – il suo successore – in Terra santa dai tempi di Gesù! Paradossale che i successori di Pietro non avessero mai visitato i luoghi di Gesù. Finalmente Papa Paolo VI, a sorpresa, annunciava e programmava quello storico evento che avrebbe segnato la storia della Chiesa.

La memoria di quell’evento dello Spirito è ancora più doverosa se consideriamo la drammaticità del conflitto in atto in questi tempi che ancora una volta colpisce la terra santa e quindi la Palestina. Terra di contraddizioni; eppure, terra chiamata ad essere segno profetico di un’umanità che sempre deve percorrere la via della riconciliazione.

Sento forte il dovere di ricordare i gesti forti di pace e di riconciliazione, di dialogo e di ascolto, oltre che di fervente preghiera, di quell’uomo minuto, mite e inerme che oggi sarebbe scandalo e monito ai potenti che faticano a trovare vie di pace, proprio in quella terra che ha come suo unico destino quello di essere segno per il mondo intero di alleanza e pace.

Quel pellegrinaggio ebbe carattere spontaneo di semplicità, pietà, penitenza e carità e fu molto rapido e denso di emozioni. È stato il viaggio di un pellegrino che non ha chiesto nulla e non ha fatto altro che pregare, riflettere e benedire. Alle preghiere e alle celebrazioni, Paolo VI aggiunse gesti concreti altamente simbolici e profetici come lo storico abbraccio con il patriarca di Costantinopoli, Atenagora I, dopo mille anni di separazione fra la Chiesa d’oriente e quella d’occidente; seguirono doni e opere di carità tutt’ora durature. Oggi, quel gesto è un esempio forte e concreto della Chiesa nei confronti di un mondo che fatica a trovare la via persino del dialogo, incapace di ascoltarsi e di accordarsi senza continue e snervati smentite.

È stato fondamentalmente un pellegrinaggio anche se ci sono stati gli incontri ufficiali con le autorità. Ma, per Paolo VI si è trattato di un incontro con il mistero, con la figura di Gesù cercata e amata nella sua terra. Voglio qui evocare solo cinque immagini, come a mostrare rapidamente cinque istantanee che richiamano momenti straordinari di quell’evento.

CALVARIO E SANTO SEPOLCRO

Anzitutto la visita al Calvario e al Santo Sepolcro, nella sera dell’arrivo, il 4 gennaio. Qui il Papa pronunciò un discorso commosso e drammatico scritto di suo pugno (come tutti quelli di questo pellegrinaggio): «Siamo qui, Signore Gesù. Siamo venuti come i colpevoli che ritornano al luogo del loro delitto. Siamo venuti come chi ti ha seguito, ma ti ha anche tradito, tante volte fedeli, tante volte infedeli». E poi la celebrazione della Messa al Santo Sepolcro, di cui il Papa dirà ai cardinali: «Fu il momento in cui mi sono sentito soffocare dalla commozione e dal pianto».

L’INCONTRO CON ATENAGORA

Una seconda immagine è sempre a Gerusalemme, la sera del 5 gennaio, e racconta un evento di straordinaria portata: l’incontro con il Patriarca di Costantinopoli Atenagora. Per noi gli incontri ecumenici sono ovvi, ma un Papa e un Patriarca si erano incontrati per l’ultima volta nel 1439 e quando Paolo VI e Atenagora si incontrarono la divisione e l’ostilità tra le due Chiese durava da più di novecento anni! Non fu solo un incontro: fu un abbraccio, uno scambio di parole di stima e di affetto, una condivisione della fede, una decisione di camminare insieme e di superare lo scandalo della fraternità divenuta inimicizia. Pregarono insieme, si diedero il bacio della pace, si impegnarono per il futuro.

SUL LAGO DI TIBERIADE

Una terza “istantanea” può essere quella che attesta la visita del Papa a Tabga in Galilea, sulle rive del lago di Tiberiade, il mare di Galilea, nel luogo dove un piccolo santuario sulle rive del lago ricorda l’incontro tra Pietro e Gesù dopo la Resurrezione «Mi ami? Pasci le mie pecore!». Il successore di Pietro ritorna a quel lago dove Pietro viveva, pescava, incontrò il Maestro e poi da Lui fu incaricato di prendersi cura della Chiesa. Paolo VI si portò sulla riva a contemplare quelle acque cariche di memorie (e fotografi e giornalisti si immersero nell’acqua per riprenderlo!) e poi si sdraiò quasi sulla grande roccia di quel santuario per baciarla: è la roccia dove Pietro aveva ricevuto il compito di essere “pietra” per i suoi fratelli. Memorabile la sua frase: «Qui sono nato».

NELLA GROTTA DELLA NATIVITÀ

Alla fine del pellegrinaggio – quarta immagine – il 6 gennaio, Paolo VI celebrò l’Epifania a Betlemme, nella Grotta della Natività e qui rinnovò un ultimo solenne appello alla pace: «In questo luogo di purezza e di serenità dove nacque il Principe della pace supplichiamo che i governanti ascoltino questo grido del nostro cuore e proseguano gli sforzi per assicurare all’umanità la pace alla quale essa aspira con ardore». Un messaggio oggi quanto mai reale e attuale, fatto non solo di parole di circostanza ma intessuto di cuore, lacrime e sangue, quello del papa che sentiva interiormente e fisicamente la necessità viscerale della pace.

CON UN MALATO

Vorrei aggiungere un’ultima immagine, quella dell’incontro di Paolo VI con un malato abitante nella zona araba di Gerusalemme, Mattin KalMahhas. Dopo aver baciato la pietra della resurrezione, il fratello Atenagora, la roccia del Primato, la stella della Natività, Paolo VI prima di rientrare a Roma entra nella casa di questo uomo paralizzato e lo bacia e ne riceve un bacio di gratitudine. Il successore di Pietro non ha visitato solo i luoghi, i santuari, le reliquie, i fratelli di fede, ma, fedele al suo desiderio di fare di questo pellegrinaggio un «atto di amore e onore per Gesù Cristo», visita il Signore anche in un povero, in un sofferente. Al suo ritorno a Roma ci fu una folla immensa ad accoglierlo. Tutta Roma sembrava essersi riversata lungo il percorso che riportava il Papa dall’aeroporto di Ciampino fino in Vaticano, in un’atmosfera di gioia indescrivibile: un vero trionfo, a dimostrare come la gente aveva capito e apprezzato la portata di quel pellegrinaggio. È difficile per noi anche solo immaginare quell’impressione e quell’emozione: quasi non possiamo spiegarcele.

Abbiamo tanto da imparare da quell’avvenimento per essere Chiesa, capace di dire il Vangelo in maniera autentica, con un nuovo ritmo di fede. Commemorare questo viaggio in questi giorni non è solo un esercizio di ricordo, ma è piuttosto una provocazione a farci anche noi spiritualmente pellegrini e supplicare Dio per la pace in Terrasanta: che giustizia e pace si possano davvero baciare, che la terra non sia più inzuppata di sangue, ma possa germogliare di vita nuova. Invochiamo anche l’intercessione di san Paolo VI e di tutti i giusti che hanno amato e abitato quella terra. Il cammino quaresimale è un continuo e intenso rimando a quella terra e agli avvenimenti salvifici che lì vi si sono compiuti. don Maurizio.

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